Pubblicato da: nonhosonno | Maggio 19, 2010

Robin Hooddi Ridley Scott

State cercando l’arciere della foresta di Sherwood che ruba ai ricchi per dare ai poveri? Avete sbagliato film e sarà meglio per voi rivedervi una delle oltre trenta versioni che il cinema ha dedicato alla leggenda di Robin Hood. Perchè la bizzarra idea della coppia Ridley Scott/Russell Crowe è quella di mettere in scena il “divenire” Robin Hood di Robin Longstride. Di raccontare la metamorfosi di un soldato prode, sincero e ribelle nell’eroe egualitarista per antonomasia. Il Robin Hood del regista di Alien termina là dove gli altri iniziano e per quasi due ore e mezza racconta il “prequel” delle più note gesta. Robin Longstride torna dalle crociate al seguito dell’esercito inglese guidato da Riccardo Cuor di Leone. Il re d’Inghilterra però muore in terra di Francia: le milizie si disperdono (“Siamo padroni del nostro destino” dice l’anarchico Robin alla notizia che il re è deceduto) e Robin rompe le righe assieme a tre uomini, come lui di umili origini. Un gruppo di cavalieri capitanato da Robert Loxley deve invece portare la corona a Londra al nuovo re, Giovanni, fratello di Riccardo. Ma Loxley viene gravemente ferito in un’imboscata. Sarà Robin con la sua “squadra” a trovarlo agonizzante: in punto di morte Robert lo incarica di riconsegnare la sua spada al padre, sir Walter Loxley (il meraviglioso Max von Sydow), a Nottingham. Ma intanto che c’è, Robin pensa bene di fare anche incetta delle vesti e dell’oro dei cavalieri (di rango superiore al suo), e prendendo la corona del re si finge Robert per tornare in Inghilterra dove consegnerà a Giovanni il simbolo del potere. Ma l’uomo che ha ucciso Loxley – il traditore inglese Godfrey (Mark Strong) che trama con la corona francese per la conquista dell’isola – riconosce in Robin un impostore, quando questi si presenterà nei panni del defunto Robert. Longstride riesce a fuggire al nemico e per onorare il debito con Loxley va a Nottingham. Dove incontrerà sir Walter e soprattutto la vedova Loxley, lady Marion (Cate Blanchett). E dove si fermerà più di quanto pensasse, perché sir Walter sa qualcosa di molto importante sul passato di Robin. E mentre in Inghilterra inizia una guerra, guidata da Godfrey e dal re di Francia, Robin si metterà alla testa di un movimento di riforme e giustizia. E si innamorerà della bella Marion.

Robin Hood è un film gustoso e molto più raffinato di quanto voglia dare a intendere. Il film è incentrato sul tema del travestimento e del cambiamento. Nel film non compare mai il Robin Hood che conosciamo: assistiamo alla trasformazione di Longstride, che passa attraverso un continuo fingersi altro da sé per diventare quello che è. In epoche buie, in cui il caos governa e la legge è in sé prepotente prevaricazione, l’eroe si “maschera” per scoprire e affermare la propria natura. D’altro canto è solo in epoche di decadenza e di disordine che le forme perdono la loro solidità e idee nuove diventano possibili. L’omaggio dell’inglese Scott al proprio paese, alla Magna Charta e il messaggio “sociale” del film (Crowe a Cannes ha detto che Robin Hood oggi lotterebbe contro gli speculatori, ma anche contro i media) sono evidenti. Robin è un rivoluzionario, mosso in maniera quasi inconscia dalle parole incise sulla spada di Loxley: “Ribellarsi e ribellarsi ancora, finchè gli agnelli non diverranno leoni”. Ma più sottilmente, questo Robin Hood è attraversato dal tema del travestimento, della “decomposizione” delle forme nelle epoche di instabilità come possibilità creativa di nuove idee e modi di sopravvivenza. Robin per tutto il film “fa” Robert. L’intero plot parte da un travestimento e si regge su una “finzione”. La realtà, quando gli schemi rigidi mostrano la loro fine, diventa liquida: lady Marion è “anche” maschio; i brutti ladruncoli che depredano le tenute dei Loxley sono in fondo poveri che Robin difenderà; il parroco di Nottingham veste da prete, ma è tutt’altro. Quando la tradizione si rompe si può creare il nuovo.

Non era facile fare l’ennesimo film su Robin Hood senza cadere nell’ovvio. E Scott riesce nell’impresa, con un lavoro interessante, visivamente magniloquente in cui emerge un medioevo tetro e sporco, violento e putrescente. Pieno di battaglie, strepito e morte. Moltissimi i riferimenti squisitamente cinefili: da Barry Lyndon (persino nel commento musicale) a Gangs of New York (il flash back dell’infanzia, il rapporto con il padre, la ricerca di redenzione) fino a una forse troppo plateale citazione dello sbarco in Normandia di Salvate il soldato Ryan in cui, con una falsificazione storica, sono i francesi a tentare lo sbarco sulle bianche scogliere di Dover.

Robin Hood, di Ridley Scott, USA/GB, 2010, 148 minuti

Cast: Russell Crowe, Cate Blanchett, William Hurt, Mark Strong, Mark Addy, Oscar Isaac, Danny Huston, Eileen Atkins, Kevin Durand, Scott Grimes, Alan Doyle, Max von Sydow

Distribuzione: Universal Pictures

Uscita in Italia: mercoledì 12 maggio 2010



Risposte

  1. Speriamo che Russel Crowe continua a non deludere, personalmente fino ad oggi non lo ha mai fatto, almeno a mio parere. Specialmente con A beautiful Mind
    Robin Hood

  2. Ciao Elisabetta, scusa se uso questo spazio ma non ne ho trovati … saresti in grado di fare la recenzione direttamente di una sceneggiatura? Se si, come posso contattarti per inviartela?
    Grazie
    Luca

  3. Elisa … scusa … non Elisabetta


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